Tristezza, allegria, musica,  tradizione e un bisogno estremo di liberare il corpo dalle oppressioni  razziali e storico-culturali: questi gli elementi principali che la  storia del Flamenco spagnolo trasmette a noi spettatori.
Ma come nasce questo ballo? È veramente una danza tipicamente spagnola?
Da  sempre si sente parlare di flamenco quando si nomina la Spagna, patria  del calore umano, del ballo e del contatto corporale. Al giorno d’oggi  in ogni regione spagnola sono presenti scuole di ballo specializzate nel  Flamenco e nella conoscenza della filosofia di questo “rito gitano”,  che nasce come ricerca di una via di fuga alla frustrazione della vita  quotidiana.
Ma dove e come si  sviluppa? La patria è l’Andalusia, la regione più meridionale della  Spagna, che si affaccia sul Mar Mediterraneo e sull’Atlantico: grazie  alla sua posizione geografica, questa regione è sempre stata il fulcro  di importanti flussi migratori. Tra questi, il più importante è  sicuramente il popolo arabo, presente in Spagna per ottocento anni, che  ha lasciato tracce significanti nella cultura, nell’architettura e nella  lingua castigliana. C’è da dire però, che non solo gli arabi hanno  rivoluzionato la storia della Spagna, anzi, a livello culturale e  artistico un popolo fortemente criticato ancora oggi, ha importato il  ballo più famoso, sensuale e filosofico conosciuto in tutto il mondo: i  Gitani.
Un popolo di ballerini e  musicisti,  proveniente dalla Grecia, cacciato via da mezzo mondo,  stabilitosi pacificamente in Catalogna nel 1400, per popolare poi la  maggior parte dell’Andalusia: considerati clandestini, venne loro  proibito qualunque tipo di commercio e di lavoro, tanto che, per  scappare alla repressione quotidiana, divennero i migliori  rappresentanti e interpreti del folklore locale. In fretta appresero  tutti i balli andalusi e africani dei ceti meno abbienti presenti nel  territorio, mettendo sempre in ogni danza il massimo di passione, pathos  ed energia.Il popolo gitano stava al margine della società, sia a  livello economico che culturale, e racchiudeva in sé le tipiche  caratteristiche della gente “povera”, uno spiccato senso religioso,  l’amore per la comunità, il ballo, il vino, la musica e una sensualità  fortemente accentuata, che spesso confondeva il sacro e il profano.
Il  Flamenco nasce come poesia e musica di un popolo sofferente per  un’emarginazione forzata, dove il sentimento di solidarietà  caratterizzava le giornate delle singole persone. E come ben si sa, la  povertà rende solidali. Questa peculiarità, infatti, si può ritrovare  nei versi scritti gitani, dove le tematiche principali erano la durezza  del lavoro, la difficoltà della vita, l’avversione del destino, il  sentimento e la morte. Al principio quindi il Flamenco era un fenomeno  artistico semi clandestino, con le caratteristiche di un pianto  solitario, familiare e privato.
Con  l’avvento di Carlo III, promotore di innovazioni agricole, economiche e  amante delle diverse culture e tradizioni, i gitani ottennero libertà  d’espressione dei loro versi. Fu in questo modo che il Flamenco diventò  un ballo aperto al mondo, una danza individuale, dove quello che conta è  la fusione completa di corpo e anima, di dolore, frustrazione, gioia e  allegria, espressa attraverso i gesti del corpo. Non c’era distinzione  tra uomo e donna, chiunque poteva ballare, ognuno poteva esprimere e  sfogare la propria interiorità come meglio sceglieva, grazie al suono di  una chitarra e a un gruppo di persone in cerchio, come pubblico  osservatore delle emozioni altrui.
In  pochissimo tempo la “danza dell’intimo” raggiunse un grande successo  tra i popoli andalusi, al punto tale da elevarla a tradizione puramente  spagnola. Ancora oggi la Spagna lo considera parte della sua tradizione,  soprattutto l’Andalusia, dove ogni anno viene dedicata una festa di tre  giorni solo al Flamenco, la “ Feria de Abril” di Siviglia, in cui tutte  le donne e le ragazze del luogo indossano il tipico vestito del  flamenco, con un ventaglio e un fiore rosso nei capelli. Vengono  accompagnate su una carrozza da uomini vestiti da cavalieri gitani e  anche i cavalli sono adornati coi fiori tipici gitani, tutto  accompagnato dall’immancabile chitarra spagnola che avvicina la comunità  andalusa in un rito storico-culturale, in memoria di un popolo, che  grazie all’amore per la poesia e la musica, il sentimento e la  solidarietà, è riuscito a ottenere il rispetto, la stima e la diffusione  delle proprie origini da parte di tutto lo stato spagnolo.
http://viadelluniversita.blogspot.com/search/label/Costume
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