se vuoi inviare racconti, poesie, articoli,
fotografie o semplicemente
contattarmi invia una e-mail a:
paranoyde@hotmail.it

Followers

La rivincita del Flamenco, di Francesca Schillaci

Tristezza, allegria, musica, tradizione e un bisogno estremo di liberare il corpo dalle oppressioni razziali e storico-culturali: questi gli elementi principali che la storia del Flamenco spagnolo trasmette a noi spettatori.
Ma come nasce questo ballo? È veramente una danza tipicamente spagnola?
Da sempre si sente parlare di flamenco quando si nomina la Spagna, patria del calore umano, del ballo e del contatto corporale. Al giorno d’oggi in ogni regione spagnola sono presenti scuole di ballo specializzate nel Flamenco e nella conoscenza della filosofia di questo “rito gitano”, che nasce come ricerca di una via di fuga alla frustrazione della vita quotidiana.
Ma dove e come si sviluppa? La patria è l’Andalusia, la regione più meridionale della Spagna, che si affaccia sul Mar Mediterraneo e sull’Atlantico: grazie alla sua posizione geografica, questa regione è sempre stata il fulcro di importanti flussi migratori. Tra questi, il più importante è sicuramente il popolo arabo, presente in Spagna per ottocento anni, che ha lasciato tracce significanti nella cultura, nell’architettura e nella lingua castigliana. C’è da dire però, che non solo gli arabi hanno rivoluzionato la storia della Spagna, anzi, a livello culturale e artistico un popolo fortemente criticato ancora oggi, ha importato il ballo più famoso, sensuale e filosofico conosciuto in tutto il mondo: i Gitani.
Un popolo di ballerini e musicisti, proveniente dalla Grecia, cacciato via da mezzo mondo, stabilitosi pacificamente in Catalogna nel 1400, per popolare poi la maggior parte dell’Andalusia: considerati clandestini, venne loro proibito qualunque tipo di commercio e di lavoro, tanto che, per scappare alla repressione quotidiana, divennero i migliori rappresentanti e interpreti del folklore locale. In fretta appresero tutti i balli andalusi e africani dei ceti meno abbienti presenti nel territorio, mettendo sempre in ogni danza il massimo di passione, pathos ed energia.Il popolo gitano stava al margine della società, sia a livello economico che culturale, e racchiudeva in sé le tipiche caratteristiche della gente “povera”, uno spiccato senso religioso, l’amore per la comunità, il ballo, il vino, la musica e una sensualità fortemente accentuata, che spesso confondeva il sacro e il profano.
Il Flamenco nasce come poesia e musica di un popolo sofferente per un’emarginazione forzata, dove il sentimento di solidarietà caratterizzava le giornate delle singole persone. E come ben si sa, la povertà rende solidali. Questa peculiarità, infatti, si può ritrovare nei versi scritti gitani, dove le tematiche principali erano la durezza del lavoro, la difficoltà della vita, l’avversione del destino, il sentimento e la morte. Al principio quindi il Flamenco era un fenomeno artistico semi clandestino, con le caratteristiche di un pianto solitario, familiare e privato.
Con l’avvento di Carlo III, promotore di innovazioni agricole, economiche e amante delle diverse culture e tradizioni, i gitani ottennero libertà d’espressione dei loro versi. Fu in questo modo che il Flamenco diventò un ballo aperto al mondo, una danza individuale, dove quello che conta è la fusione completa di corpo e anima, di dolore, frustrazione, gioia e allegria, espressa attraverso i gesti del corpo. Non c’era distinzione tra uomo e donna, chiunque poteva ballare, ognuno poteva esprimere e sfogare la propria interiorità come meglio sceglieva, grazie al suono di una chitarra e a un gruppo di persone in cerchio, come pubblico osservatore delle emozioni altrui.
In pochissimo tempo la “danza dell’intimo” raggiunse un grande successo tra i popoli andalusi, al punto tale da elevarla a tradizione puramente spagnola. Ancora oggi la Spagna lo considera parte della sua tradizione, soprattutto l’Andalusia, dove ogni anno viene dedicata una festa di tre giorni solo al Flamenco, la “ Feria de Abril” di Siviglia, in cui tutte le donne e le ragazze del luogo indossano il tipico vestito del flamenco, con un ventaglio e un fiore rosso nei capelli. Vengono accompagnate su una carrozza da uomini vestiti da cavalieri gitani e anche i cavalli sono adornati coi fiori tipici gitani, tutto accompagnato dall’immancabile chitarra spagnola che avvicina la comunità andalusa in un rito storico-culturale, in memoria di un popolo, che grazie all’amore per la poesia e la musica, il sentimento e la solidarietà, è riuscito a ottenere il rispetto, la stima e la diffusione delle proprie origini da parte di tutto lo stato spagnolo.

http://viadelluniversita.blogspot.com/search/label/Costume

Il discorso di Fini a Mirabello, il commento di Gad Lerner